La più antica bottiglia di olio d'oliva esistente? Al Museo archeologico di Napoli!
La più antica bottiglia di olio d’oliva del mondo si trova al Museo archeologico di Napoli, più precisamente nel reparto della Collezione dei commestibili, in cui sono esposti i Res rustica, cioè resti di radici carbonizzate, frutta ed una fetta di pane su cui ritorneremo a breve. L’annuncio è recente, ma la scoperta risale al luglio del 2018.
In quel periodo lo storico, paleontologo e scrittore Alberto Angela, nel corso di una visita nei depositi del “Mann”, onde reperire materiale per un servizio di SuperQuark dedicato alla devastante eruzione del Vesuvio del 79 d.C, nota qualcosa di insolito: una bottiglia con all’interno un liquido solidificato. Il reperto si trova nel museo dal 1820.
Scrive sul proprio profilo Facebook: “Avevamo appena finito di filmare il settore dei reperti in vetro (bellissimi). E, poco prima di lasciare la stanza, avevo notato una bottiglia di epoca Pompeiana, coricata in una cassetta polverosa: al suo interno intravedevo del materiale solidificato in perfetto stato di conservazione.”
Non è difficile fare nuove scoperte nel corso delle visite ai depositi. Questo oggetto, tuttavia, incuriosisce particolarmente il divulgatore, il quale informa il direttore del museo, Paolo Giulierini, della scoperta. Anche quest’ultimo si interessa fortemente al ritrovamento.
Non era facile, tuttavia, definire il contenuto della bottiglia: poteva essere tanto olio quanto vino. Ed allora che fare, dato che non ci si poteva sbilanciare? La bottiglia è stata oggetto di studio da parte del Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II che ha avviato una proficua collaborazione con il Mann. Dopo due anni sono giunti i risultati sperati: la bottiglia è autentica e con essa il suo contenuto.
Scrive Angela: “Ora, a distanza di due anni, sono lieto di condividere con tutti voi la notizia che le ricerche si sono concluse e che, effettivamente, quella bottiglia contiene olio di oliva. Anzi, l’olio di oliva più antico del mondo.”
Quello dell’olio d’oliva, inoltre, non è l’unico ritrovamento di tipo alimentare rinvenuto negli scavi pompeiani: il paleontologo cita un pezzo di pane trovato integro. Un reperto curioso, a maggior ragione che nella città sepolta dalla furia dello sterminator vesevo c’è un affresco che raffigura un tozzo di pane posto vicino ad una bottiglia d’olio.
La scoperta è stata ripresa dalla prestigiosa rivista scientifica “Science”, che vi ha dedicato un dettagliatissimo saggio, dando particolare rilievo alle lunghe e complesse procedure di analisi di laboratorio che hanno permesso di confermare l’autenticità del ritrovamento.
Non è oro tutto ciò che luccica: la datazione al radiocarbonio di un campione di vinaccia (Vitis vinifera) ha dimostrato che questo risale all’età moderna, molto probabilmente al XVIII° secolo.
Ecco, tradotto dall’inglese, un astratto dell’articolo che descrive in sintesi il lungo processo di analisi che ha portato alla scoperta: “Utilizzando una vasta gamma di tecniche analitiche cromatografiche, spettroscopiche e di spettroscopia di massa abbiamo classificato uno degli “oggetti commestibili” ritrovato sui siti archeologici vesuviani e conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann) a Napoli, in Italia. Abbiamo autenticato lo “specimen” (reperto, dal latino) contenuto in una bottiglia di vetro (Campione-Mann S1) come autentico olio d’oliva e ne abbiamo mappato l’evoluzione attraverso i suoi 2000 anni di conservazione….La datazione radiocarbonica…indica che il campione Mann S1 è probabilmente il più antico residuo di olio d’oliva al mondo…
Cosa insegna questa storia? Che anche uno dei siti archeologici più visitati al mondo rappresenta, per chi sa cercare, una miniera d’oro. Persino Alberto Angela, che, fra libri e servizi televisivi, ha dedicato 25 anni di studio all’eruzione del 79 ed alle sue drammatiche conseguenze, si è trovato a scoprire qualcosa di nuovo. Ciò testimonia una cosa: sinché ci sarà qualcosa da studiare, la curiosità, abbinata ad un buon metodo di ricerca, ci renderà partecipi di scoperte sensazionali, come in questo caso.