Alla scoperta del Congo, tra natura, violenza e poesia
La Repubblica Democratica del Congo è purtroppo passata alla cronaca per la barbara uccisione del nostro console Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci. Nell’Expo Milano 2015 fu data molta importanza a questa nazione per gli ottimi rapporti con l’Italia, presente nel continente con l’ENI, per cui il massacro ha destato molto scalpore e perplessità.
Purtroppo questo territorio è un luogo molto conteso a causa delle sue innumerevoli risorse (oro, petrolio, diamanti, uranio, cobalto, rame); da qui la sua tragica storia: inizialmente vessato dalle nazioni colonizzatrici (Portogallo, Inghilterra, Belgio, America), acquistò l’indipendenza nel 1960 grazie ad un golpe ma fu martoriato da due terribili guerre, che coinvolsero anche altre nazioni africane, in un continuo di violenza ed orrore, perpetratosi brutalmente dal 1998 al 2003.
Dopo tutti questi drammatici eventi, il Congo ha intrapreso la via per uno sviluppo interno, sebbene sia ancora lunga la strada per la sua pacificazione territoriale. Allarmanti però sono i segnali della presenza di bande di guerriglia, dove è presente anche il triste fenomeno dei bambini soldato.
Natura, cibo e manifattura
Come ho già accennato nell’introduzione, questo stato è uno dei più ricchi di tutto il pianeta. Chi lo visita rimane innanzitutto strabiliato dal bellissimo Parco Nazionale dei Virunga, in cui è possibile incontrare anche i quasi estinti Gorilla di Montagna o ammirare paesaggi quasi soprannaturali, come il lago magmatico perenne nel vulcano Nyiragongo. Come prodotti locali è da assaggiare il gustoso formaggio Massisi, derivante dal latte delle mucche e prodotto nei caseifici locali, introdotti dai missionari belgi negli anni ’70, sospesi dopo la guerra del 1996 e riaperti ultimamente; famosa anche la produzione di caffè, specialità robusta ed arabica, dei fagioli, delle arachidi e della maioca, una radice tuberosa simile alla patata.
Numerose le cooperative industriali, sorte negli anni ’90, per lavorare la malachite, minerale estratto dalle miniere regionali, per produrre oggetti artistici; si fabbricano anche mattoni e tessuti, quest’ultimi in mano alle donne congolesi: per loro la macchina da cucire è un tesoro da custodire, permette di vivere e far vivere la propria famiglia, tanto che non se ne separano mai. In molti villaggi è forte la presenza musulmana ma anche cattolica, che già a partire dagli inizi del secolo scorso iniziò un diffuso processo di cristianizzazione, in lotta da sempre contro la povertà, la superstizione e la guerra.
Leopold Sédar Senghor, il poeta politico
Non penso che in Italia si conosca Léopold Sédar Senghor, di origine senegalese (1906-2001), docente universitario in Francia, deputato dell’Assemblea Nazionale Francese, padre della négritude (movimento culturale che osteggiava l’inferiorità degli africani dinanzi agli europei), primo Presidente del Senegal (1960-80) e primo africano membro dell’Accadémie francaise. In campo culturale fu vincitore nel 1974 del Premio letterario Guillaume-Apollinaire. Le sue opere sono facilmente reperibili nei canali editoriali. Ecco di seguito una sua poesia:
Dita di luce
—
Dita di luce hanno sfiorato le mie palpebre di notte
e il tuo sorriso s’è alzato sopra le nebbie
che dal mio Congo alitavano fitte.
Il mio cuore ha fatto eco al canto vergine degli uccelli dell’alba
come il mio sangue un tempo scandiva il canto bianco
della linfa nei rami delle mie braccia.
Ecco il fiore di macchia e la stella nei miei capelli
e la benda che cinge in fronte l’atleta-pastore.
Mi farò dare il flauto che culla la pace degli armenti
e tutto il giorno seduto all’ombra delle tue ciglia
accanto alla Fontana di Fimla
devoto pascerò i muggiti biondi delle tue mandrie.
Perché stamani dita di luce hanno sfiorato
le mie palpebre di notte
e per tutta la giornata il cuore ha fatto eco
al canto verginale degli uccelli.
Un componimento idilliaco, in quanto mette in relazione la natura (nebbie v. 2; uccelli v. 4 e v. 16; linfa/rami v. 6; fiore di macchia v. 7), l’agricoltura (atleta/pastore v. 8; armenti v. 9; mandrie v. 12), la musica (canto v. 4, v. 5, v. 16; flauto v. 9), lo sport (atleta/pastore v. 8) e l’amore che pervade tutto il componimento.
Tutti questi elementi si ritrovano nell’antica poesia bucolica, versi che cantano il mondo agricolo ed amoroso, di cui il poeta più famoso è il siracusano Teocrito vissuto tra il 315 a.C. ed il 260 a.C. Indubbiamente l’Africa legata ai suoi paesaggi, ai suoi riti ancestrali, alla lavorazione dei campi, al pascolo delle mandrie, ad una società ancora arcaica (in alcune regioni c’è ancora lo sciamanesimo), si adatta perfettamente a questo genere letterario.
L’amore, qui rappresentato con delicatezza (la metafora dita di luce al v. 1, legato ad elementi corporei come il sorriso al v. 2, il cuore al v. 4 ed al v. 15 ed il sangue al v. 5, simbolo di vigoria insieme alle braccia del v. 6) permette quella forza capace di vincere le paure ed intraprendere una gara sportiva/musicale, descritta con una sorta di vestizione sacrale ai vv. 7-8, col fine di conquistare l’amata.
Non sappiamo l’esito ma ci rimangono sicuramente nel cuore questi versi idilliaci, in cui sembra davvero di essere lì con il poeta, immersi in questa realtà, dove la musica degli uccelli e degli uomini si unisce alla luminosità di questa meravigliosa e martirizzata terra congolese. Alla prossima!