Coronavirus, le conseguenze del lockdown sui disturbi alimentari: i consigli degli psicologi

Coronavirus, le conseguenze del lockdown sui disturbi alimentari: i consigli degli psicologi

Durante l’attuale situazione di emergenza sanitaria dovuta alla diffusione mondiale del Covid-19, l’Osservatorio epidemiologico del Ministero della Salute ha evidenziato come, a partire dal primo lockdown, vi sia stato un incremento del 30% di casi di Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA) nella popolazione.

In questo periodo le dinamiche quotidiane, stravolte dalla pandemia, hanno inevitabilmente indotto le persone affette da questa categoria di disordini ad affrontare in maniera del tutto inconsueta la loro condizione; il cambiamento imposto nel loro stile di vita ha avuto delle forte ripercussioni sui loro pattern psicopatologici.

La “costrizione” di restare in casa con la conseguente riduzione della condivisione delle relazioni sociali, ovvero l’isolamento sociale, porta inevitabilmente all’incontro con se stessi, con quelle paure e quei fantasmi che, per tanto tempo, erano stati minuziosamente “nascosti” nel cassetto.

In alcuni casi, la condizione pandemica non solo ha amplificato in maniera determinante già pre-esistenti disagi psicologici in soggetti che già precedentemente stavano attraversando situazioni critiche nella loro vita, ma ha consentito a tali disagi di insorgere altrove.

In che modo la situazione attuale e il regime di lockdown influenza questi stati psicopatologici?

In primo luogo le misure di contenimento, che non consentono alle persone di spostarsi dalle proprie abitazioni, insieme all’utilizzo sempre più massiccio dello smart working, comportano un inevitabile cambiamento del proprio stile di vita, con un particolare riferimento all’impossibilità di svolgere una quotidiana attività motoria, fortemente limitata, con conseguente perdita del controllo delle abitudini alimentari.

In secondo luogo, il conseguente stress che ne deriva determina non poche preoccupazioni in merito all’iperalimentazione o ipoalimentazione, al comportamento sedentario e all’aumento o perdita eccessivo di peso. Si delinea, quindi, un clima generale di paura che unito alle varie preoccupazioni per la salute e per il lavoro determinano, soprattutto nei giovani, uno stress continuo e spesso insostenibile.

I disturbi alimentari insorti in questo periodo possono quindi essere considerati come manifestazione di questo disagio.

Appare evidente, come il cibo diventa l’unico mezzo per affrontare ansie, solitudini: ogni individuo sperimenta differenti emozioni spiacevoli, che se non ben elaborate lo possono condurre, nel peggiore dei casi, allo sviluppo di “stati di alienazione sociale e disagio psichico tanto intollerabili da provocare il ricorso a condotte patologiche discontrollate” (Carano, Totaro et al., 2011).

Succede spesso che le persone non sappiano definire bene il sentimento negativo che provano e che tendano a mangiare quando l’emozione non è “etichettata”. Il mangiare spinti da “cause” emotive o in relazione a stati emotivi (emotional eating) è un comportamento alimentare che rappresenta una delle principali cause dell’instaurarsi di una relazione conflittuale con il cibo, che può dare luogo, in casi più gravi, al Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Cipponeri, Maltese, Mazzara1 et al., 2020).

Nei soggetti con DCA il controllo del cibo diviene un pensiero ossessivo poiché, nel caso in cui non si riuscisse a gestire le proprie interazioni con il cibo si avrebbe la sensazione di aver fallito e di non essere stati abbastanza determinati.

Come si può acquisire maggiore consapevolezza sulle dinamiche alimentari?

In ambito psicoterapeutico e clinico è d’ampio utilizzo il diario alimentare, utile per controllare non solo l’alimentazione ma anche i pensieri, le emozioni e i comportamenti che l’accompagnano presentandosi come un valido strumento per la gestione delle dinamiche emotive connesse al cibo. Descriviamo brevemente quello proposto dall’Ordine degli Psicologi del Lazio, il quale si compone di cinque colonne:

– Nella prima colonna, andrà descritta la situazione in cui ci si consuma il cibo (sono a casa da sola, guardo la tv);
– Nella seconda, andrà descritto un pensiero scatenato dalla situazione in questione (sono sola, nessuno mi vuole);
– Nella terza colonna, si descriveranno le emozioni provate (mi sento triste, malinconica);
– Nella quarta colonna, verrà descritta l’azione messa in atto in risposta alle situazioni precedentemente elencate (mangio una scatola di biscotti);
– Nella quinta ed ultima colonna, andranno descritte delle strategie alternative che il soggetto può mettere in atto per cambiare la risposta che viene solitamente attuata in quella determinata circostanza (avrei potuto chiamare io un’amica, sarei potuta uscire a fare una passeggiata).

Alla base dell’utilizzo di questo strumento vi è la consapevolezza della persona circa l’importanza dei meccanismi di pensiero ed emotivi alla base del comportamento alimentare disfunzionale. Tuttavia, tutti possono provare ad utilizzare questo strumento per accrescere la consapevolezza rispetto le situazioni vissute in modo problematico.

A cura di:Dott.ssa Anna Rosaria Martullo; Dott.ssa Kimberly Loffredo; Dott.ssa Sara Mataluna con la supervisione dello Psicologo dott. Elpidio Cecere.

 

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