Cultura incatenata! Poeti ed intellettuali in una ‘poetica’ prigione
La poesia è un genere letterario internazionale, che valica i confini per far arrivare un messaggio nell’animo di tutti i lettori; eppure troppo spesso i poeti (ma anche giornalisti e ricercatori come Zhang Zhan e Giulio Regeni) sono stati esiliati (Ovidio e Dante Alighieri), giustiziati (Socrate, Boezio) o incarcerati (Miguel de Cervantes, Oscar Wilde, Luigi Settembrini, Carlo Emilio Gadda, Giovanni Guareschi) a causa delle loro idee e per motivi politici, senza essere liberi di poter esprimere il proprio pensiero.
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Anche ai giorni nostri la situazione non è molto cambiata; si potrebbe dire che al contrario è peggiorata, perché gli organi istituzionali internazionali che hanno il compito di tutelare gli intellettuali, i poeti e i giornalisti in ogni parte del mondo hanno spesso le mani…legate! Oggi le nazioni che ancora attuano incarcerazioni di questo tipo sono la Cina, la Siria, l’Egitto, la Colombia ed altri stati che non ammettono il dissenso: questo non è davvero più ammissibile! Ecco quindi la scelta di una poesia molto particolare.
Nazim Hikmet e la poesia come testimonianza
Figlio di un’epoca che ha visto lo scoppio delle due guerre mondiali, il poeta turco Nazima Hikmet ha coltivato dentro di sé, sin da giovane, lo spirito tipicamente rivoluzionario di quell’epoca. Appassionato comunista, fu molto legato alla città di Mosca ed ai circoli letterari presenti nella capitale russa. Purtroppo la poesia, il teatro ed il cinema non lo salvarono dall’arresto per propaganda comunista ed opposizione alla dittatura allora vigente: egli fu incarcerato nel 1950 e scontò quasi trent’anni di reclusione.
Il poeta ed amico Tristan Tzara riuscì a destare l’interesse della comunità internazionale ed a testimoniare l’illegalità della detenzione di Nazim, permettendo la sua liberazione. Dopo questa durissima esperienza, Hikmet decise di trasferirsi definitivamente a Mosca ma non abbandonò mai lo spirito eversivo, come quando difese a spada tratta la libertà di parola e di tematiche dei poeti, nonostante il diniego del proprio partito.
Angina Pectoris: la durezza del carcere
Le sue raccolte poetiche sono ricche di patriottismo e di un lirismo nostalgico-musicale. I temi principali presenti nelle sillogi sono la pace, gli ideali politici, le dure esperienze biografiche e l’amore. Per chi fosse interessato, i suoi libri si possono facilmente reperire nelle librerie. Qui presento una bellissima poesia, intitolata Angina Pectoris scritta nel 1948:
Angina Pectoris
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Se qui c’è la metà del mio cuore, dottore,
l’altra metà sta in Cina
nella lunga marcia verso il Fiume Giallo.
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E poi ogni mattina, dottore,
ogni mattina all’alba
il mio cuore lo fucilano in Grecia.
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E poi, quando i prigionieri cadono nel sonno
quando gli ultimi passi si allontanano
dall’infermeria
il mio cuore se ne va, dottore,
se ne va in una vecchia casa di legno, a Istanbul.
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E poi sono dieci anni, dottore,
che non ho niente in mano da offrire al mio popolo
niente altro che una mela
una mela rossa, il mio cuore.
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È per tutto questo, dottore,
e non per l’arteriosclerosi, per la nicotina, per la prigione,
che ho quest’angina pectoris…
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Guardo la notte attraverso le sbarre
e malgrado tutti questi muri che mi pesano sul petto
il mio cuore batte con la stella più lontana.
Notiamo il verso libero detto a scalini, versi spezzettati, utilizzato anche da Sbarbaro e da Montale. Con un lessico semplice e diretto, Nazim Hikmet ci descrive la sua drammatica esperienza di prigioniero. I luoghi descritti non sono più geografici (Cina e Grecia) ma emblema di esperienze tragiche (gli arresti per la marcia sul Fiume Giallo, detta Spedizione del Nord tra il 1927-1928; la strage di Domenikon in Grecia nel 1943 contro un attacco partigiano; le morti nel sonno dei prigionieri per i patimenti sofferti; i morti dell’infermeria per le ferite in suppurazione). Solo la vecchia casa ad Istanbul diventa una sorta di oasi ideale di pace ma il poeta non potrà più tornarci a causa dell’esilio: egli si sente in colpa per non aver combattuto a fianco del proprio popolo sul suolo natio.
Da qui la malattia, l’angina pectoris, causata di solito da malattie arteriosclerotiche, dall’abuso di nicotina, da amare esperienze di reclusione; in questo caso al contrario è dovuta al ricordo di lacerazioni storiche che egli rivive nella fredda prigione, guardando attraverso le sbarre il cielo stellato e la stella più lontana, portavoce del proprio cuore. Solo il cuore (la mela rossa), simbolo di passione, permette ai tanti intellettuali ancora in carcere di aspettare la libertà o il giorno della condanna, sapendo che nessuno potrà portare via la loro voce.