Ibernazione umana, anche in Italia si può: basta pagare e sperare nel "risveglio"
Addormentarsi oggi e risvegliarsi nel futuro. Quanti di noi non hanno accarezzato questa possibilità, anche solo per fantasticare sulla possibilità di vivere due volte?
Eppure oggi c’è chi a questa possibilità ha dato seguito scegliendo di farsi ibernare una volta passati a miglior vita. E sono 377 al mondo le persone che hanno voluto provare la tecnica della criogenesi o criopreservazione rivolgendosi alle sole tre aziende che si occupano di effettuare le pratiche e di conservare i corpi o gli organi ibernati. E sono le statunitensi Alcon e Cryonics, e la russa KrioRus.
Oltre ai pazienti già congelati, altre 2mila persone hanno stipulato un contratto per essere ibernate dopo la morte, fra cui si contano almeno otto italiani, così come riporta il sito della Cryonics.
Sì perchè in Italia c’è una ditta che offre questo servizio ed è la Polistena human cryopreservation, agenzia di pompe funebri di Mirandola, provincia di Modena, in Emilia-Romagna, che dal 2012 svetta tra le agenzie del mondo che offrono il servizio di trasporto.
Prima e unica in Italia ad offrire questa pratica, la Polistena si rivolge alla società russa KrioRus. In sostanza l’agenzia di Mirandola non è altro che un tramite per i pazienti che vogliono farsi ibernare dalla KrioRus. Finora sono stati trattati, e sono conservati, 71 pazienti nella clinica del sonno eterno, di cui 5 vengono dal centro di Mirandola.
Ma quali sono le fasi di questo trattamento? E quanto costa?
I costi variano da 36mila (prezzo base solo per il trattamento, senza considerare trasporto e altre fasi «preparatorie») a 200mila dollari per l’intero corpo, mentre sono previste tariffe più basse per conservare solo il cervello.
E si possono poi scegliere due strade per la criopreservazione: il paziente può essere trasportato vivo fino a una clinica privata nei pressi della società KrioRus (e qui essere sottoposto al trattamento) oppure può arrivare cadavere, dopo alcuni accorgimenti impartiti dalla casa madre russa per permettere una successiva criogenesi.
Nel secondo caso il «criopaziente» deve essere trasportato in Russia all’interno di un sarcofago su un volo diretto (per evitare perdite di tempo che potrebbero causare deperimento del corpo), per un totale di 7 mila dollari.
La società KrioRus ha anche messo a punto un sistema di pagamento a rate, per i clienti meno abbienti: alla firma del contratto (che dura 100 anni) si deve versare un importo pari a 3.600 dollari, e il resto viene dilazionato a rate con un piccolo interesse. Ogni anno, inoltre, il pagamento va indicizzato a seconda dell’inflazione del dollaro.
Ma in cosa consiste l’ibernazione, come si fa?
A spiegarlo, sulle pagine del Corriere della Sera dedicate all’Economia, è lo stesso Filippo Polistena, titolare dell’agenzia di pompe funebri di Mirandola.
Innanzitutto, la criogenesi inizia nella sala rianimazione dell’ospedale in cui si trova il malato in fin di vita. Alla dichiarazione dell’avvenuta morte legale, intervengono i tecnici che, grazie a un’apparecchiatura, ripristinano meccanicamente la ventilazione ai polmoni e l’afflusso di sangue al cervello e somministrano sostanze che evitano ischemie e danni nel tempo.
Il corpo viene quindi immerso in acqua gelida per il trasporto e una volta arrivato nella società scelta viene sottoposto a due ulteriori passaggi. Grazie a delle sonde gli esperti monitorano la risposta del cervello ai trattamenti, e poi viene iniettata la soluzione crioprotettiva per evitare il congelamento dei tessuti e degli organi. Il cadavere viene quindi immerso nell’azoto liquido e portato gradualmente a -196 gradi. Secondo i dati aggiornati a febbraio 2019, il ricorso alla criogenesi è aumentato del 10%.
Ovviamente la domanda resta una: ma c’è la possibilità di risvegliarsi e curato dalla malattia che gli è costata la vita, grazie a presunte nuove competenze mediche acquisite dopo anni di ricerche?
Al momento, come precisano le stesse compagnie sui loro siti, le tecniche non permettono di riportare in vita i corpi crioconservati. A spiegarlo, sulle pagine de “Il Fatto Quotidiano.it” è Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma: “Si tratta di un tema strettamente confinato alla fantascienza, ai film. Ci sono enormi problemi tecnici che non riesco a immaginare in che misura possano essere risolti, anche fra decenni. Fra l’altro, ipotizzare cosa possa accadere fra 40-50 anni in ricerca è chiromanzia”.