Pastiera Napoletana

La pastiera, mitico dono della cucina napoletana, pietanza regale di Pasqua

‘A pastiera è nu dolce ‘e ricotta, grano, zuccaro, ove, acqua ‘e millefiori, nu pucurillo ‘e cannella e ‘a pettola. È nu dolce ca se magna a Pasca.

Anche se festeggeremo una Pasqua insolita, date le circostanze dovute  all’emergenza Covid, non dimentichiamoci di esporre sulle nostre tavole, tra le pietanze della cucina pasquale, la tradizionale pastiera napoletana, tramandata ormai da secoli.
Si narra, infatti, che la pastiera abbia origini mitiche: la sirena Partenope, che allietava con la sua voce melodiosa gli abitanti di Napoli, ricevette in dono la farina, la ricotta e le uova, a simboleggiare la ricchezza, l’abbondanza e la fertilità, il grano cotto nel latte, simbolo della fusione di piante e animali, fiori d’arancio, riecheggianti il profumo della Terra Campana, insieme alle spezie e allo zucchero. Dal loro miscuglio nacque la prima pastiera, superiore in dolcezza perfino al canto della sirena stessa.
C’è chi dice che il dolce abbia origini regali: Maria Teresa d’Asburgo, nota come la Regina che non sorride mai, assaggiando una fetta di pastiera, sorrise, da qui nasce anche il tipico detto partenopeo magnatell ‘na risata. Anche noi comuni mortali siamo incapaci di nascondere l’espressione estasiata che solo la flagranza di questo dolce sa regalarci.
Il sorriso deve essere l’elemento indispensabile di questa Pasqua anomala, vissuta all’insegna del motto ”distanti ma uniti.”  Continuiamo quindi ad esaltare, ingredienti alla mano, le radici di una tradizione culinaria che si tramanda da generazioni e che nessun virus potrà mai estirpare.
Basta poco per ritrovare il sorriso, come diceva il re Ferdinando II di Borbone alla moglie: “E che marina! Pe fa ridere a tte, ce vò a Pastiera? Che si faccia un pò più spesso allora. Nun solo a Pasca, che altrimenti è un danno: pe te fà ridere adda passà n’at’ anno!”
 

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