La Shoah, il più grande peccato mortale dell’umanità

La Shoah, il più grande peccato mortale dell’umanità

La Shoah è stato la più grave tragedia del ‘900. Sei…milioni…di ebrei: ognuno di questi zeri ci mette dinanzi il pianto di un neonato, la paura di un bambino, la rabbia di un adolescente, la resistenza di un uomo, il sacrificio di una donna e la preghiera di un anziano.

Questo articolo prende spunto da diverse riflessioni che ho compiuto in questi giorni, perché non dobbiamo mai dare per scontato che tutto sia finito o sia chiarito, quando si parla dell’Olocausto e delle nuove aggressioni agli Ebrei in tutt’Europa.

Tante domande con una sola risposta

Lo sterminio operato dalle SS ci pone molte domande filosofiche-religiose sull’umanità e specialmente sulla diatriba inerente l’eventuale perdono cristiano:

Non sono anche i carnefici degli esseri umani? Allora l’uomo, se è figlio di Dio, peccatore e redento, come può far parte dell’umanità se compie atti così disumani? I nazisti andrebbero in Paradiso, dal momento che Dio perdona ed ha sempre permesso il libero arbitrio?

Difficile rispondere a tali quesiti, perché spesso le risposte sono veicolate dalla durezza di giudizi o da visioni sentimentalistiche, eppure si può provare a dare una soluzione. Molto spesso si dimentica che l’uomo è sì libero ma di frequente viene insidiato dal Demonio, l’angelo caduto in disgrazia; il fatto di essere in qualche modo ‘emancipato’ grazie al libero arbitrio, lo porta indubbiamente ad errare ma gli permette anche di ritrovare la retta via, come direbbe Dante, grazie agli insegnamenti del Vangelo, tra cui quello delle parabole della pecorella smarrita e del figlio prodigo. Eppure nessuno dei carnefici si è fermato in tempo per evitare il peccato mortale, in questo caso rappresentato dal genocidio ebraico; né le grandi potenze né la Chiesa, simbolo dell’Umanità tutta, hanno aperto in tempo gli occhi o pur sapendo che stava avvenendo qualcosa di incommensurabilmente tragico hanno detto STOP o ORA BASTA.

Proprio questo triste ed allegorico carnevale umano, in bilico tra crudeli aguzzini, vittime inascoltate ed indifferenza di chi non è intervenuto in tempo, è il tema della poesia di oggi, Umanità della misteriosa poetessa Dusylla.

L’Umanità di Dusylla: tra carnefici e vittime

Il 24 luglio dell’anno scorso pubblicai della stessa poetessa un componimento giuntomi via email dal titolo Relictum, che vi consiglio di rileggere per comprendere lo spessore culturale ed emotivo della poetica di questa scrittrice. Pari o superiori alla precedente sono i versi seguenti, che vi invito a leggere:

Umanità
La vecchia azzanna il polposo vitello
Con la sua marcia fauce.
Ingorda sopraffazione
Brama di sopravvivenza
Nell’ultimo atto della sua miserrima vita.
Disgusto estremo
Triste rassegnazione
In una pietosa anima vicina.

Le parole sono molto simboliche. La vecchia (la Germania nazista) sbrana il polposo vitello (gli ebrei), immagine che ricorda la ricchezza giudaica e l’animale sacro e sacrificabile; la sua marcia fauce, emblema della voracità demoniaca, riprende le descrizioni pittoriche del Demonio che inghiotte i resti umani, come quelle nel Battistero di Firenze o nella Cappella degli Scrovegni.

Il manducare si lega anche al piacere erotico-diabolico dell’ingordigia e della sopraffazione, perché il male sopravvive solo se continua a compiere atti malvagi (brama di sopravvivenza), anche quando sa che tutto è perduto (nell’ultimo atto della sua miserrima vita). La poetessa dinanzi a questo disgusto estremo si rivolge con un procedimento speculare sia all’umanità, che permette tutto ciò, sia alle vittime; intensa l’immagine della triste rassegnazione dei martiri, che si stanno arrendendo…a poco…a poco. Eppure ancora cercano compassione in una pietosa anima vicina, nell’animo degli aggressori e di coloro che guardano e non muovono un dito; bramano quel sentimento spesso dimenticato che si chiama Pietà, dono dello Spirito Santo e della giustizia divina.

In questi versi dunque la risposta alle domande che ho posto all’inizio: se il peccatore non si rende conto della retta via, se l’umanità intera volge lo sguardo altrove dinanzi ad una carneficina, se le vittime invocano la pietà divina dinanzi ad aggressori o ad una platea di indifferenti senza essere ascoltati, allora sussiste purtroppo l’incapacità del perdono e la conseguente condanna di un grave peccato mortale. E voi perdonereste da cristiani i Nazisti?

 

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